Giovedì, Ottobre 03, 2024
Emma Annechini, una mia alunna, allora della classe prima, è stata un anno e mezzo in Brasile con tutta la famiglia per una esperienza missionaria, in collaborazione con la Diocesi di Verona. Ora ritorna a casa. Pubblico questa sua lettera insieme con i miei migliori auguri di buon viaggio e buon ritorno, nella speranza di rivederla a scuola in terza media! A presto Emma!
Scrive Emma
SE FOSSE PER ME…
Sono Emma e ho 12 anni. Sono al termine dell’ esperienza che sto facendo qui in Brasile con la mia famiglia. L’opportunità e il desiderio di conoscere un altro modo di vivere, un’altra cultura in me è stato sempre presente. Quando la mamma e il papà ci hanno chiesto se volevamo fare questa esperienza io sono stata la prima ad accettare. Quando sono arrivata qui ho subito iniziato ad andare a scuola anche se ancora non capivo niente, e mi sono impressionata dalla bella accoglienza che mi hanno dato. Mi hanno accolto in modo semplice ma con molto rispetto, quando in Italia, quando arriva uno straniero, a volte si cerca di tagliarlo fuori, si prende in giro. Io qui non mi sono affatto sentita come una straniera, anzi mi sono sentita e mi sento ancora una di loro. Qui in Brasile ho conosciuto molte realtà. Una è quella della famiglia. Le famiglie brasiliane non sono quasi mai complete: molte volte manca il papà, altre manca la mamma, alcune volte al posto dei genitori ci sono i nonni o gli zii. Quando si pranza, si cena e si fa
colazione in quasi nessuna famiglia ci si riunisce attorno al tavolo, anche perché la maggior parte delle famiglie sono numerose e non c’è un tavolo abbastanza grande per tutti. Così qualcuno mangia sul divano, sulla sedia, altri in piedi con il piatto in mano. Qui mi sono accorta ancora di più come è importante avere una famiglia composta da mamma, papà e figli, e di come io sono fortunata ad averla.
In questo anno e mezzo abbiamo incontrato situazioni difficili: il papà che abusa della figlia, della nipote… c’è stato un caso, in una comunità, dove il papà ha avuto un figlio con la figlia maggiore e ha abusato per anni anche degli altri figli, maschi e femmine. A sentire queste cose il mio cuore si chiude, mi vengono le lacrime agli occhi, non riesco a capire perché hanno il coraggio di fare questo. Non pensano in che condizioni mettono i loro figli? In quest’anno e mezzo una cosa che ha limitato la mia vita è stata la paura degli assalti per rubare, fatti da chiunque. La paura dei miei genitori che mi possa succedere qualcosa: assalti, abusi, mi ha impedito di muovermi liberamente da sola nella rua.
Qui si fanno attività diverse dall’Italia, soprattutto si danza. Così mi sono inserita anch’io in una danza, il gruppo “diversidade carimbò”. Mi sono fatta tante amiche, una di queste è Marcele, Per me Marcele è come una sorella, mi affianca ad ogni passo che faccio ed è sempre insieme a me. E mi chiama “irmã pretinha” (sorella nera), quando invece io sono bianca e lei ha la pelle molto scura. Quello che sento per lei non lo sento così forte per quasi nessuna altra persona al mondo. Questa esperienza qui in Brasile mi è piaciuta moltissimo e, se fosse per me, resterei qui ancora.
Testo di Emma Annechini tratto da: RUA 11 note di vita della famiglia Annechini a São Luís
N° 15, 16 luglio 2010. Newsletter
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