Giovedì, Marzo 28, 2024
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Così San Francesco inventò il presepe |
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Perché scelse Greccio per quella rappresentazione e non Assisi, sua città natale, dove abitualmente viveva?
Padre Francesco Rossi: Probabilmente perché Greccio gli richiamava alla mente il paesaggio di Betlemme, che aveva visitato tre anni prima. Conosceva Greccio. La sua prima visita a quei luoghi risale al 1208. Allora si era stabilito, con alcuni suoi compagni, sulla montagna. Ma in seguito, gli abitanti che stavano giù a valle lo pregarono di andare a vivere vicino a loro. E Francesco scese dalla montagna e si stabilì in alcune grotte nei pressi del borgo. Greccio era un piccolo agglomerato di povere abitazioni intorno al castello. Forse contava un centinaio circa di abitanti. La zona era paludosa, malsana, e anche per questo poco abitata. Ma aveva quell’aspetto di povertà assoluta, di silenzio, di sofferenza anche fisica della natura, che a Francesco piacevano, perché lo aiutavano a meditare, a sentirsi umile, povero. Tornando dai suoi viaggi in giro per l’Italia, amava sostare a Greccio. E quando pensò di “rivivere” la nascita di Gesù, volle che questo avvenisse a Greccio.
Ci sono documenti storici di quell’evento?
Padre Francesco Rossi: I primi biografi, contemporanei a Francesco, quindi testimoni diretti, in particolare Tommaso da Celano e San Bonaventura, ne fanno un resoconto dettagliato.
Tommaso da Celano, nella sua “Vita prima di San Francesco d’Assisi”, al capitolo XXX, dedicato appunto al racconto del Presepio di Greccio, dice che il Santo pensava continuamente alla vita di Gesù e soprattutto “all'umiltà dell'Incarnazione e alla carità della Passione”. Cioè, ai due aspetti più umani e anche più sconvolgenti della vita terrena del Cristo.
Francesco ha fama, tra la gente, di essere un santo romantico, un poeta, l’autore del “Cantico delle creature”, l’amante degli animali, della natura, insomma un santo in un certo senso un po’ astratto, immerso in una realtà mistica lontana dalla concretezza della vita. Immagine completamente sbagliata.
San Francesco era sì un tipo romantico, un vero poeta e un autentico mistico, ma con una “concretezza” granitica. La sua imitazione del Cristo era “alla lettera”, senza sbavature. Gesù ha insegnato che siamo tutti fratelli, figli dello stesso Padre e che egli si nasconde nei più miseri, negli ammalati, nei carcerati. E Francesco, per “vivere” alla lettera questo insegnamento, andava a visitare i carcerati, abbracciava e serviva i lebbrosi. Gesù era povero, non aveva niente, e Francesco, che apparteneva a una famiglia ricca, volle rinunciare a tutto, perfino ai vestiti che indossava. L’Incarnazione, la nascita e la morte di Gesù erano, come scrisse il Celano, argomenti fissi delle meditazioni di Francesco voleva assimilarne il significato più profondo, immedesimandosi in essi fino a “viverli”. E per riuscire in questo, si ritirava sui monti, in luoghi deserti, in modo che la sua meditazione fosse profonda. Nel 1223 era tutto concentrato sulla nascita di Gesù e volle celebrare il Natale di quell’anno con una “rappresentazione realistica” di quell’evento. L’anno successivo, 1224, andrà sul monte Verna per meditare sulla passione e morte di Gesù e avrà l’impressione delle stigmate di Cristo sul proprio corpo.
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